2. Generalità - 1. L'articolo 39 della legge 724/94 - così come l'articolo 31 della legge 47/85 - prevede una sanatoria ampia, sotto il profilo oggettivo anche se pone alcuni limiti quantitativi. E poiché il comma 1 dell'articolo 39 si riferisce esplicitamente ai capi IV e V della menzionata legge del 1985 e prevede l'applicabilità della nuova normativa anche agli abusi che avrebbero potuto essere sanati con quella legge, si può certamente affermare che la "definizione agevolata delle violazioni edilizie", prevista dall'articolo 39 è, per ciò che concerne l'oggetto, di applicazione generalizzata.
Restano, ovviamente ferme, alcune esclusioni o limitazioni, legate alla violazione dei vincoli previsti dagli articoli 32 e 33 della legge 47/85 - di cui si dirà al capitolo 7 - e che sono connesse alla peculiarità del territorio o dell'area su cui le opere abusive sono state realizzate.
L'articolo 39 fa riferimento, senza alcuna specificazione, alle opere abusive (comma 1), diversamente dall'articolo 31 della legge 47/85 che riguarda le "costruzioni" e le "altre opere". Per il richiamo alla precedente legge deve ritenersi che anche l'espressione usata dal comma 1 dell'articolo 39 si riferisca non solo agli edifici in senso proprio ma anche ai manufatti di ogni tipo e alle opere di urbanizzazione: cioè a tutte le opere che comportano trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio. Quanto agli abusi, sono suscettibili di sanatoria le opere eseguite senza licenza (prima del gennaio 1977) o concessione edilizia o autorizzazione o in difformità delle stesse oppure, in base a titolo annullato, decaduto o divenuto inefficace o nei cui confronti sia in corso procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa.
L'articolo 39 consente anche la sanatoria di opere abusive nei confronti delle quali il Comune abbia applicato le sanzioni previste dall'articolo 7 della legge 47/85, con la conseguente acquisizione della stessa, unitamente all'area di sedime, al patrimonio comunale (comma 18).
Deve anche precisarsi che vale ancora, per i motivi detti, quanto esposto nella circolare illustrativa della legge 47/85, in data 30 luglio 1985, n. 3357; e cioè che il riferimento alla licenza, concessione edilizia o autorizzazione "prescritte da norme di legge o di regolamento", come recita l'articolo 31 della legge 47/85, esclude dalla necessita della sanatoria - poiché non si tratta di opere abusive - le costruzioni realizzate prima dell'entrata in vigore della legge urbanistica del 1942 nei comuni nei quali il regolamento edilizio non prescriveva l'obbligo della licenza edilizia. Nello stesso senso è anche l'ultimo comma del citato articolo 31, dove si precisa al contrario, che sono soggette alla sanatoria le opere ultimate prima del 1° settembre 1967 quando, ai sensi non solo della legge urbanistica del 1942, ma anche dei regolamenti edilizi comunali, era richiesto il rilascio della licenza di costruzione. Le costruzioni realizzate prima dell'entrata in vigore della legge urbanistica del 1942 - che introduce le sanzioni penali in caso di costruzione in assenza di licenza edilizia o in difformità da questa - non sono soggette alla sanatoria, ove si consideri che nei loro confronti viene meno l'oggetto fondamentale dell'istituto e cioè l'illecito penale.
La sanatoria può essere richiesta anche quando il titolo a costruire, ancora non annullato, sia sottoposto a procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa. La disposizione riguarda opere che potrebbero essere state realizzate legittimamente e che tali potrebbero risultare a conclusione del procedimento.
Tuttavia il legislatore ha ritenuto di dare all'interessato la facoltà di uscire dall'incertezza connessa con il procedimento, liberandosi, attraverso la sanatoria, da ogni timore circa la sorte del bene contestato.
Secondo il disposto dell'articolo 43 della legge 47/85, la sanatoria è applicabile anche ai provvedimenti sanzionatori ancora in corso: cioè a quelli ancora in termini per l'impugnazione, a quelli nei cui confronti essa sia pendente nonché a quelli inoppugnabili ma non ancora eseguiti.
Motivazione simile può riconoscersi al disposto del comma 11 dell'articolo 39 della legge 724/94, cui si farà specifico cenno.
Deve ulteriormente precisarsi che per le opere realizzate da amministrazioni statali e da enti istituzionalmente competenti la normativa dell'articolo 39 (come quella della legge 47/85) non trova applicazione nei confronti di un soggetto pubblico quale è lo Stato.
Sta di fatto che le opere statali o di interesse statale - per le loro caratteristiche peculiari ed in particolare per essere destinate a soddisfare interessi generali di grado più elevato rispetto a quelli soddisfatti attraverso la pianificazione locale - sono sottoposte ad uno speciale regime (quello previsto dall'articolo 81 del DPR 616/77 e dal DPR 383/94) che considera anche l'autorizzabilità della realizzazione di tali opere in contrasto con le prescrizioni urbanistiche locali. Tale regime è basato sull'intesa Stato-Regioni, che ha rilievo costituzionale, poiché disciplina i rapporti tra i due Enti in materia (l'urbanistica) trasferita alle Regioni dall'articolo 117 Cost.; e dalla quale deriva l'effetto di variante agli strumenti urbanistici vigenti, che è proprio del provvedimento autorizzativo di opere statali difformi dalla disciplina urbanistico-edilizia.
Ciò premesso, è evidente che, nei confronti delle opere statali non può trovare automatica applicazione la normativa sanzionatoria stante, appunto, la possibilità di autorizzare la realizzazione sulla base di un controllo di compatibilità inerenti gli aspetti localizzativi. Eventuali "sanzioni" - quali, ad esempio, la demolizione e la conseguente riduzione in pristino - potrebbero essere irrogate sulla base di una accertata incompatibilità territoriale.
D'altra parte, la normativa vigente (articolo 5 legge 47/85) prescrive che il Sindaco, qualora accerti la realizzazione di opere statali in contrasto con la disciplina urbanistica, informa il Presidente della Giunta Regionale ed il Ministro dei lavori pubblici "ai sensi dell'articolo 81 del DPR 616/77", che prevede, appunto, il controllo urbanistico-edilizio di quelle opere. Il provvedimento emesso per un'opera già realizzata deve, pertanto, essere considerato non tanto una sanatoria (in quanto non sana una situazione di sostanziale illegittimità, eliminabile solo con un provvedimento 'condono'), quanto una autorizzazione legittimamente rilasciata "ora per allora".
Deve, anche, rilevarsi che, secondo la nuova normativa ora introdotta nell'ordinamento dal DPR 383/94, il provvedimento di autorizzazione delle opere di interesse statale è, qualora vi sia contrasto, rilasciato, sulla base di una "conferenza di servizi", che può considerarsi un modulo procedimentale per l'effettuazione della relativa istruttoria. La conferenza è indetta dal Ministero dei lavori pubblici - cui le amministrazioni interessate devono rivolgere apposita istanza - in quanto si tratta dell'organo dello Stato cui compete l'esercizio della funzione di indirizzo e di coordinamento nella materia, anche al fine di assicurare una corretta articolazione degli interventi statali sul territorio.
Ciò premesso, in via generale, è necessario esaminare le disposizioni dell'articolo 39 che si discostano da quelle dei capi IV e V della legge 47/85 per ciò che concerne l'oggetto, e che caratterizzano la nuova normativa: fermo restando che le opere abusive ammesse a beneficiare della "definizione agevolata" sono soltanto quelle ultimate entro il 31 dicembre 1993.
2.2 Limiti dimensionali e ultimazione delle opere - Innanzi tutto l'articolo 39 della legge 724/94 introduce un elemento di grande rigore, rispetto alla precedente normativa - al fine di penalizzare gli abusi di maggiore gravità - in quanto la sanatoria trova un limite quantitativo. La "definizione agevolata", infatti, si applica - soltanto, però, per gli abusi a carattere residenziale - qualora sussista una delle seguenti condizioni:
- ampliamenti non superiori al 30 per cento della costruzione originaria;
- ampliamenti comunque non superiori a 750 mc;
- nuove costruzioni non superiori a 750 mc.
Si può, pertanto, affermare che il limite posto segni un discrimine tra opere ammesse e non ammesse alla sanatoria: nel senso che, per quanto attiene l'edilizia residenziale, gli abusi superiori a 750 mc, ovvero al 30 per cento della costruzione originaria anche se superiore a detto limite, comportano l'impossibilità di chiedere la "definizione agevolata" pur limitatamente a quella misura.
Quello che viene in primo piano, quale condizione per l'ammissibilità della sanatoria, è quindi la misura dell'abuso e non l'abuso in se: come avverrebbe se tutti gli abusi fossero sanabili e variasse l'oblazione in relazione alla "quantità" degli abusi stessi.
Deve anche precisarsi che l'articolo 39 fa riferimento esplicito (comma 5) alla "unità immobiliare": concetto, questo, sottinteso - specie in rapporto alla "prima abitazione" - dalla legge 47/85, ma non esplicato, se non nella circolare 3357/85. Comunque la sanatoria precedente è stata concessa, appunto, in rapporto alle "unità immobiliari": a proposito delle quali la menzionata circolare precisa - illustrando le norme relative ai coefficienti correttivi - che questi "si applicano alle singole opere abusive aventi specifica rilevanza e autonomamente utilizzabili e costituenti, di norma una unità immobiliare e non al complesso delle opere ". Tale interpretazione - in rapporto anche al comma 5 dell'articolo 39 - si applica anche nei confronti degli abusi per i quali si chiede la "definizione agevolata"; qualora siano state realizzate due o più "unità immobiliari", le domande di concessione in sanatoria da presentare saranno in numero corrispondente a quello delle unità stesse.
E' stato precisato che il limite volumetrico per l'ammissibilità della sanatoria si applica alle costruzioni abusive a carattere residenziale e non a quelle destinate ad altri usi. Ciò si ricava dal comma 16 dell'articolo 39 nella parte in cui stabilisce che "anche in deroga ai limiti di cubatura di cui al comma 1 del presente articolo", continuano ad applicarsi le riduzioni di cui al settimo comma" dell'articolo 34 della legge 47/85, relativo alle modalità di calcolo dell'importo dell'oblazione per gli immobili non residenziale in rapporto alla loro superficie o alla loro destinazione, e cioè agli immobili:
- industriali e artigianali (ivi inclusi gli immobili funzione direzionale),
- commerciali;
- a carattere sportivo, culturale o sanitario, religioso o di culto (dove l'ulteriore riduzione è stata portata al 50 per cento);
- turistico-ricettive, agrituristiche;
- realizzati in zone agricole per la conduzione del fondo.
Il limite di cubatura non si applica neppure nei casi di istanza di concessione in sanatoria presentata a seguito di annullamento della concessione edilizia; nonché - anche se l'articolo 39 non lo prevede esplicitamente - della licenza edilizia, quando si tratti di opere realizzate sotto il regime precedente a quello instaurato dalla legge 10/77. La disposizione più favorevole tiene conto del fatto che si tratta di concessione o licenza prima rilasciata e poi "ritirata" dalla stessa autorità. Nell'ipotesi di annullamento del titolo abilitante alla realizzazione dell'opera, oggetto della domanda di sanatoria dovrà necessariamente essere l'intera costruzione, la quale, per l'effetto della misura caducatoria, va considerata totalmente abusiva perché priva del titolo fin dall'origine.
Nell'ipotesi decadenza o di titolo successivamente divenuto inefficace, considerata la irretroattività dei relativi provvedimenti, la sanatoria dovrà invece essere richiesta solo per la parte di opera realizzata dopo che sia intervenuta la decadenza o l'inefficacia.
Va rilevato che formano oggetto di sanatoria ai sensi dell'articolo 39 della legge 724/94 anche le tipologie di opere abusive n.4.5.6.7 di cui alla tabella allegato alla legge 47/85, che non implicano aumenti di volumetria. Tali tipologie, ovviamente, non possono essere condizionate, ai fini della sanatoria, ai limiti volumetrici previsti al comma 1 dell'articolo 39.
Occorre precisare, ad integrazione di quanto esplicitato in altre circolari precedenti, che il manufatto realizzato deve essere tale da definire la volumetria da sanare. L'edificio deve essere completato nelle parti strutturali, ivi inclusa la copertura, e può essere soggetto ad interventi di completamento funzionale a prescindere dalla tecnologia utilizzata.
2.3. Diritti dei terzi - Il comma 2 dell'articolo 39 pone un ulteriore limite alla facoltà di chiedere la sanatoria: limite questo a tutela dei diritti dei terzi, posto in relazione alle "opere edilizie che creano limitazioni di tipo urbanistico alle proprietà finitime"; ovvero "che siano state realizzate su parti comuni".
Quanto alle prime, si tratta di opere che, in violazione di prescrizioni urbanistiche (piani regolatori, norme di attuazione, ecc.), ma anche edilizie (regolamenti edilizi) sono state realizzate senza tener conto della normativa relativa alle distanze nelle costruzioni, la cui violazione dà la facoltà a chi ha subito il danno di chiedere la riduzione in pristino.
Tuttavia si può accedere al condono quando le "proprietà finitime" non siano conformi e compatibili sia con lo strumento urbanistico approvato che con quello adottato". In sostanza alla sanatoria non può farsi ricorso quando l'opera abusiva crea una limitazione nei confronti di una "proprietà" - che potrebbe non essere un edificio o un manufatto ma un fondo - mentre, invece, non esistono preclusioni alla facoltà di ricorrere alla sanatoria quando il rapporto corre tra opere egualmente abusive.
L'altra categoria (le opere realizzate su parti comuni) riguarda non tutte quelle indicate nell'articolo 1117 del codice civile, ma soltanto quelle che oltre ad essere comuni, sono anche di uso comune: quali possono essere il suolo di pertinenza dell'edificio, i cortili, i terrazzi comuni, i locali per il riscaldamento centrale, ecc.. Non sono, invece, da considerare "comuni", ai fini del comma 2 dell'articolo 39, parti, quali le fondazioni, quando sopportino una sopraelevazione; o il muro maestro, nel quale sia stato infisso un balcone: fatti salvi, i rapporti condominiali.
2.4. Istanze presentate entro il 31 dicembre 1993 ai sensi della legge 47/85 - Il comma 11 dell'articolo 39 consente ai soggetti che hanno presentato istanza entro il 31 dicembre 1993 per ottenere l'accertamento di conformità ai sensi dell'articolo 13 della legge 47/85, di chiedere che l'istanza stessa sia considerata domanda di concessione in sanatoria. La disposizione stabilisce, poi, che gli interessati possono avanzare istanza di "conversione " dell'originaria domanda, ma "nel rispetto dei termini e degli obblighi previsti" dall'articolo 39, ivi compreso il termine stabilito al comma 4 dello stesso articolo. Quanto agli obblighi, si tratta evidentemente della presentazione della documentazione del pagamento delle somme a titolo di oblazione e di contributo di concessione. Non trova applicazione invece, per le opere residenziali, il limite relativo al volume sanabile perché è da presupporre che l'oggetto della sanatoria siano opere conformi agli strumenti urbanistici sia al momento della costruzione sia a quello della presentazione dell'istanza di accertamento ai sensi dell'articolo 13 della legge 47/85: opere che il legislatore ha considerato con un certo favore, trattandosi di abusi formali, consistenti solo nella mancata richiesta della concessione. La conversione in istanza di sanatoria potrebbe risultare più onerosa per il responsabile dell'abuso, tenuto a corrispondere, oltre al contributo di concessione anche l'oblazione, ma, in realtà, "la ratio" risulta evidente se si tiene conto che la domanda ex articolo 13 deve essere stata presentato entro il 31 dicembre 1993, mentre la domanda di conversione può essere presentata entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge 724/94, come modificato dalla legge 85/95. Se si considera che, ai sensi del citato articolo 13, qualora il Sindaco non si pronunci entro 60 giorni, la domanda diretta all'accertamento di conformità si intende respinta, è chiaro l'interesse a chiedere il condono da parte dei soggetti che, altrimenti, sarebbero colpiti dalle previste gravi sanzioni della legge 47/85, le quali, come è noto, non fanno distinzione tra abusi formali e sostanziali.
In caso di provvedimento negativo del Sindaco ex articolo 13 sia implicitamente che esplicitamente adottato, si ritiene che la facoltà di richiedere la "conversione" di cui sopra sia limitata all'ipotesi in cui il predetto provvedimento negativo non sia divenuto definitivo al momento della presentazione della domanda di concessione in sanatoria ex articolo 39 legge 724/94, ferma restando la facoltà di presentare una nuova domanda ai sensi della predetta legge.
2.5. Sanatoria di immobili già acquisiti - L'articolo 39 prevede, al comma 19, che la sanatoria possa essere applicata anche nei confronti delle opere abusive in relazione alle quali il Comune sia intervenuto, ai sensi dell'articolo 7 comma 3 della legge 47/85, ordinando la demolizione; e di fronte all'inottemperanza del responsabile dell'abuso, abbia acquisito gratuitamente il bene e l'area di sedime, provvedendo poi alla necessaria trascrizione nei pubblici registri immobiliari. Quella dell'articolo 39 è una norma eccezionale, stante che la sanzione prevista è irrogata e l'opera abusiva, con l'area di sedime, sono entrate definitivamente nel patrimonio comunale: questa pertanto deve essere applicata con ogni cautela.
In primo luogo, per individuare l'oggetto della sanatoria consentita dal comma 19 dell'articolo 39, deve ritenersi confermato che il significato dell'espressione "opere abusive divenute sanabili in forza della presente legge" usato dalla disposizione ne consenta l'applicazione, per le opere residenziali, solo agli immobili non eccedenti i limiti indicati al comma 1 dell'articolo 39.
Deve ulteriormente precisarsi che la sanatoria delle opere già acquisite può essere concessa solo nel rispetto della normativa generale e di quella specifica in materia. Così, ad esempio, opere realizzate in violazione di un vincolo di inedificabilità (quali quelli elencati dall'articolo 33 della legge 47/85) in nessun caso potrebbero essere restituite al responsabile dell'abuso. Si tratta, pur sempre, di una concessione in sanatoria da rilasciare sulla base del relativo procedimento; l'avvenuta presentazione della domanda di sanatoria, qualora risultino accertati i requisiti di sanabilità, diventa quindi condizione necessaria per ottenere la cancellazione della trascrizione nel registro immobiliare del bene acquisito. In altri termini la disposizione del comma 19 non significa che il responsabile dell'abuso abbia un diritto "automatico" all'annullamento dell'acquisizione del bene una volta che abbia "adempiuto agli oneri previsti". La norma attribuisce all'interessato la facoltà di chiedere la concessione in sanatoria, nonostante l'intervenuta acquisizione del bene al patrimonio comunale; pur sempre nei limiti e alle condizioni previste dall'articolo 39 della legge 724/94 e dei Capi IV e V della legge 47/85.
Sono escluse da questa particolare ipotesi di sanatoria le opere abusive che il Comune abbia destinato entro il 1° dicembre 1994 ad attività di pubblica utilità: attività non specificate e che pertanto possono essere le più diverse. A questo proposito può fornire un indirizzo il comma 5 dell'articolo 7 della legge 47/85, che esclude la demolizione del bene acquisito quando esistano "prevalenti interessi pubblici....... e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali". Deve ritenersi che in ogni caso è applicabile quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 39.
Sono escluse altresì dalla ipotesi di sanatoria in argomento anche, le opere abusive che hanno già subito gli effetti dell'ordinanza di demolizione. Da quanto sopra ne deriva che per i casi in oggetto, prima di poter effettuare il trasferimento del bene a favore del richiedente, il comune dovrà rilasciare la concessione in sanatoria avendo verificato preliminarmente la sussistenza dei requisiti necessari.
Quanto al trasferimento del bene dal patrimonio del Comune (proprietario a tutti gli effetti) a quello dell'interessato, in assenza di specifiche indicazioni al comma 19 dell'articolo 39 è da ritenere che debbano trovare applicazione le norme vigenti in materia di trasferimento della proprietà a titolo derivativo.
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